Unioni civili e fecondazione eterologa: sia il legislatore ad esprimersi sullo status della madre intenzionale
Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Venezia in relazione alla legge sulle unioni civili e al decreto sugli atti dello stato civile sono state dichiarate inammissibili dalla Consulta.
Nel caso di specie, una donna unita civilmente ad un’altra aveva concepito all’estero, mediante fecondazione eterologa, un figlio nato poi in Italia. Secondo il Tribunale di Venezia la disciplina vigente, escludendo la registrazione nell’atto di nascita del bambino come figlio di entrambe le donne, violerebbe i diritti della c.d. madre internazionale e del minore con una irragionevole discriminazione per motivi di orientamento sessuale.
In attesa del deposito delle motivazioni, previsto per le prossime settimane, l’Ufficio Stampa fa sapere che «secondo la Corte, il riconoscimento dello status di genitore alla c.d. madre intenzionale – all’interno di un rapporto tra due donne unite civilmente – non risponde a un precetto costituzionale ma comporta una scelta di così alta discrezionalità da essere per ciò stesso riservata al legislatore, quale interprete del sentire della collettività nazionale». Su un tema di così elevata sensibilità etica, spetta dunque al legislatore ponderare gli interessi e i valori in gioco, «tenendo conto degli orientamenti maggiormente diffusi nel tessuto sociale in un determinato momento storico».
Come si legge nel comunicato, la Corte ha inoltre ritenuto che «la protezione del miglior interesse del minore in simili situazioni – oggi affidata dalla giurisprudenza all’attuale disciplina sull’adozione in casi particolari – può essere assicurata attraverso varie soluzioni, tutte compatibili con la Costituzione, che spetta sempre al legislatore individuare».