Il danno morale può essere dimostrato attraverso il criterio presuntivo
Sul tema la sentenza del Tribunale di Torino n. 4423/20, depositata il 10 dicembre.
A seguito di un sinistro stradale con un veicolo rimasto sconosciuto, la danneggiata adiva il Tribunale per ottenere il risarcimento dei danni subiti dall’Impresa designata dalla CONSAP per la Regione Piemonte per la liquidazione dei sinistri a carico del FGVS.
Sulla base delle risultanze probatorie e dalle osservazioni del CTU, il Tribunale ha ritenuto fondata la richiesta risarcitoria e, tenuto conto della misura del danno permanente biologico, dell’invalidità temporanea accertata e dell’età dell’attrice al momento del sinistro (anni 66), in applicazione delle Tabelle in uso presso il Tribunale di Milano, ha liquidato il risarcimento in euro 125.630,00 per danno biologico e euro 17.640,00 per complessiva invalidità temporanea, per un totale di Euro 143.270,00.
Relativamente alla personalizzazione e al risarcimento del danno morale, il Tribunale richiama la recente pronuncia della Corte di Cassazione n. 25164/2020 e ritiene che non possa essere riconosciuta alcuna personalizzazione, posto che «la personalizzazione del danno deve trovare giustificazione nel positivo accertamento di specifiche conseguenze eccezionali, ulteriori rispetto a quelle ordinariamente conseguenti alla menomazione, e tali da incidere in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati ed obiettivamente accertati».
Quanto al danno morale, per il cui riconoscimento, sempre secondo la citata pronuncia n. 25164/2020, il danneggiato ha l’onere di allegare tutti gli elementi concreti della sofferenza di cui chiede il risarcimento, la sentenza precisa che nel caso di specie «l’importo complessivamente riconosciuto a titolo di danno biologico è comprensivo sia della componente di cd. “danno biologico dinamico-relazionale” sia del “danno da (sola) sofferenza soggettiva interiore”, voce quest’ultima da ritenersi provata, e dunque liquidabile, in via presuntiva, sulla scorta delle precise allegazioni della difesa di parte attrice (che hanno trovato sostanziale conferma nelle risultanze peritali) sulla sofferenza derivante dal lungo periodo di malattia, di degenza e di riabilitazione e dalla consapevolezza delle significative limitazioni funzionali, perduranti e non emendabili, conseguenti al sinistro (importo che non si ritiene né di diminuire né di ulteriormente aumentare, come condivisibilmente evidenziato dai primi commentatori alla citata decisione della Cassazione, in quanto coerente con la sofferenza soggettiva media riferibile all’età della vittima ed al suo grado di invalidità come accertato sulla base delle allegazioni e delle risultanze processuali)».
(Fonte: ridare.it)