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La Consulta al Parlamento: rinviata al 10 maggio 2022 la discussione sull’ergastolo ostativo

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La Consulta al Parlamento: rinviata al 10 maggio 2022 la discussione sull’ergastolo ostativo

Con l’ordinanza n. 97/21, depositata l’11 maggio, la Corte Costituzionale ha stabilito che spetta al Parlamentomodificare la disciplina relativa al c.d. “ergastolo ostativo”.

La Consulta ha infatti precisato che un intervento da parte sua «potrebbe produrre effetti disarmonici sul complessivo equilibrio di tale disciplina, compromettendo le esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva che essa persegue per contrastare il fenomeno della criminalità mafiosa. Appartiene invece alla discrezionalità legislativa decidere quali ulteriori scelte possono accompagnare l’eliminazione della collaborazione quale unico strumento per accedere alla liberazione condizionale».

Per questi motivi la Corte ha ritenuto necessario rinviare il giudizio e fissare una nuova discussione alla data del 10 maggio 2022, così da garantire al legislatore il tempo necessario per affrontare la materia.

I condannati all’ergastolo per reati di mafia, se non collaborano utilmente con la giustizia, non possono essere ammessi al beneficio della c.d. liberazione condizionale.

Mentre tutti gli altri condannati alla pena perpetua, compresi quelli per delitti connessi all’attività di associazioni mafiose, i quali abbiano collaborato utilmente con la giustizia possono invece accedere a tale beneficio, dopo aver scontato 26 anni reclusione.

La suddetta ordinanza precisa infatti che «è proprio l’effettiva possibilità di conseguire la libertà condizionale a rendere compatibile la pena perpetua con la Costituzione; se questa possibilità fosse preclusa in via assoluta, l’ergastolo sarebbe invece in contrasto con la finalità rieducativa della pena» (art. 27, comma 3, Cost.).

La vigente disciplina “ostativa” mette però in tensione questo principio, sancendo, a carico dell’ergastolano non collaborante, una presunzione assoluta (poiché non superabile da altro se non dalla collaborazione stessa, non consentendo l’accesso a nessun beneficio) di perdurante pericolosità.

La Corte ha spiegato che questa presunzione non è, in sé stessa, in contrasto con la Costituzione e precisa che «l’appartenenza a una associazione di stampo mafioso implica, di regola, un’adesione stabile a un sodalizio criminoso, fortemente radicato nel territorio, caratterizzato da una fitta rete di collegamenti personali, dotato di particolare forza intimidatrice e capace di protrarsi nel tempo». È quindi «ben possibile che il vincoloassociativopermangainalterato anche in esito a lunghe carcerazioni, proprio per le caratteristiche del sodalizio criminale in questione, finché il soggetto non compia una scelta di radicale distacco, come quella che generalmente viene espressa dalla collaborazione con la giustizia» e che «l’incompatibilità con la Costituzione deriva dal carattere assoluto della presunzione, che fa della collaborazione con la giustizia l’unica strada a disposizione dell’ergastolano per accedere alla valutazione della magistratura di sorveglianza da cui dipende la sua restituzione alla libertà».

L’ordinanza sottolinea inoltre che «in casi limite può trattarsi di una “scelta tragica”: tra la propria (eventuale) libertà, che può tuttavia comportare rischi per la sicurezza dei propri cari, e la rinuncia a essa, per preservarli da pericoli»

La Corte ha concluso disponendo il rinvio del giudizio in corso e ha fissato una nuovadiscussione delle questioni di legittimità costituzionale in esame, alla data del 10 maggio 2022, dando così al Parlamento un congruo tempo per affrontare la materia.