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La risoluzione del concordato e il potere di dichiarare d’ufficio il fallimento al vaglio della Corte Costituzionale

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La risoluzione del concordato e il potere di dichiarare d’ufficio il fallimento al vaglio della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 222 dello scorso 27 settembre, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 137 e 186 l.fall. e la manifesta infondatezza in relazione all’art. 186 sollevata, in riferimento agli artt. 35, comma 1, 38, comma 2 e 41, comma 1 della Costituzione, dal Tribunale di Reggio Emilia.

Il caso. Il Tribunale di Reggio Emilia omologava un concordato preventivo proposto da una S.r.l. e, successivamente, uno dei creditori ne chiedeva la risoluzione per inadempimento. A seguito dell’accoglimento della domanda di risoluzione del concordato, il rimettente lamentava che, poiché non erano stati proposti ricorsi per la dichiarazione di fallimento della società ammessa al concordato, la gestione dell’insolvenza di quest’ultima e l’amministrazione del patrimonio verrebbero rimesse, in mancanza di fallimento, ad una fase liquidatoria destrutturata e incoerente. ll Tribunale dubitava, pertanto, della legittimità costituzionale del «combinato disposto» degli artt. 137 e 186 l.fall., nella parte in cui «non prevede che, a seguito della pronuncia di risoluzione del concordato preventivo ad iniziativa di uno o più creditori, il tribunale possa dichiarare d’ufficio il fallimento dell’imprenditore, qualora non vi sia domanda in tal senso da parte dei creditori, del pubblico ministero o dello stesso debitore».

Il potere del Tribunale. L’eliminazione del potere del Tribunale di dichiarare d’ufficio il fallimento è coerente con il nostro ordinamento processuale civile che, sia pure in linea tendenziale e non senza qualche eccezione, è ispirato dal principio ne procedat judex ex officio. Le fattispecie dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese e della liquidazione coatta amministrativa sono caratterizzate da profili di specialità che impediscono una comparazione con il concordato preventivo ed hanno un bilanciamento dei diversi interessi in gioco, spettante alla discrezionalità del legislatore, correttamente realizzato con l’art. 186 l.fall., tenuto conto che alla procedura di concordato preventivo possono essere ammesse imprese di dimensioni inferiori a quelle richieste per accedere alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

L’abrogazione espressa del potere del tribunale di dichiarare d’ufficio il fallimento, nel caso di risoluzione del concordato preventivo, realizzata dall’art. 17, comma 1, D.lgs. n. 169/2007, che ha modificato l’art. 186 l.fall., ha avuto valore meramente ricognitivo di una abrogazione implicita che è stata indotta dalla riformulazione dell’art. 6 l.fall., in modo da rendere incompatibile la sopravvivenza dell’istituto nell’ambito della disciplina del concordato preventivo.

(Fonte: www.ilfallimentarista.it)