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Consulenze gratuite: avvocati, commercialisti e notai chiedono al MEF di ritirare il bando

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Consulenze gratuite: avvocati, commercialisti e notai chiedono al MEF di ritirare il bando

Il bando a titolo gratuito. I presidenti dei Consigli nazionali degli avvocati, dei commercialisti e dei notai, Andrea Mascherin, Massimo Miani e Salvatore Lombardo, hanno inviato una lettera al Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, nella quale stigmatizzano i contenuti del bando di selezione pubblica promosso dal Dipartimento del Tesoro, Direzione IV del Ministero lo scorso 27 febbraio. Il bando era stato indetto dal MEF per l’affidamento di incarichi biennali di consulenza “a titolo gratuito” aventi per oggetto «tematiche complesse attinenti al diritto – nazionale ed europeo – societario, bancario e/o dei mercati e intermediari finanziari, in vista anche dell’adozione e/o integrazione di normative primarie e secondarie ai fini, tra l’altro, dell’adeguamento dell’ordinamento interno alla direttive/regolamenti comunitari».

Il principio dell’equo compenso. I professioni sottolineano come il bando violi apertamente la norma sull’equo compenso e chiedono al Ministro «di intervenire presso la direzione interessata affinché ritiri subitaneamente il bando e di dare idonee istruzioni a tutte le articolazioni del Suo Ministero affinché simili episodi non abbiano a ripetersi».

Le materie oggetto del bando sono infatti «tematiche economico-giuridiche particolarmente complesse, per le quali è necessaria significativa competenza e professionalità, come per altro confermato dai requisiti professionali richiesti ai partecipanti nella parte del bando medesimo, titolata “Requisiti e modalità di partecipazione”».

Con la legge n. 205/2017, rivendicano avvocati, commercialisti e notai, «è finalmente entrato in vigore il principio dell’equo compenso, in forza del quale è fatto preciso obbligo ad una serie di “contraenti forti” (tra cui le Pubbliche Amministrazioni) di garantire al professionista incaricato un compenso commisurato alla quantità e alla qualità del lavoro richiesto ed effettivamente svolto». Non è dunque «concepibile che l’osservanza di una previsione di legge che attiene al contenimento della spesa pubblica venga assicurata attraverso la palese violazione di altra norma di legge che attiene al rispetto della dignità del lavoro». Concludono i presidenti che «non possiamo accettare che proprio le Pubbliche Amministrazioni sviliscano, aggirino e in definitiva violino quel principio di civiltà che è l’equo compenso».