Il DPCM 26 aprile 2020 lockdown attenuato? Sì, ma con cautela
Il legislatore raccomanda (dunque non obbliga) che:
– sia attuato il massimo utilizzo di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
– siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva;
– siano assunti protocolli di sicurezza anti-contagio laddove non sia possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale;
– incentivare le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali;
La mancata adozione dei protocolli anti contagio avrà effetti nei confronti del professionista?
Se si quali?
I dipendenti od i collaboratori o i lavoratori autonomi che entrano costantemente in contatto con il professionista e, conseguentemente con la struttura, potranno pretendere che i protocolli anti contagio siano adottati e conseguentemente ostesi?
I clienti, avranno diritto a conoscere se siano stati adottati protocolli ed in caso affermativo quale contenuto abbiano?
Ed ancora quanto contenuto nell’allegato 4 del d.p.c.m quali effetti rivestirà in relazione allo svolgimento delle attività professionali?
Last but not least, la rilevazione della temperatura corporea dei professionisti parte dello studio, dei dipendenti, e, soprattutto, della clientela è da ritenersi obbligatoria, facoltativa od addirittura vietata?
È chiaro che le domande sono, e purtroppo resteranno, senza compiuta risposta.
Ancora una volta crediamo sia fondamentale applicare la norma cum grano salis e quindi per il professionista:
– dar corso a sanificazione degli ambienti di lavoro
– utilizzare le mascherine protettive in caso di impossibilità di rispettare le distanze interpersonali,
– posizionare all’ingresso ed all’uscita dello studio dispositivi igienizzanti ed evitare contatti fisici con la clientela,
– installare dispositivi di rilevazione della temperatura a distanza, ovviamente previa indicazione della loro esistenza e funzionamento,
– adibire a luogo di ricevimento del cliente, ove possibile, stanze differenti dallo studio personale in cui il professionista trascorre la maggior parte del proprio tempo lavorativo,
– scaglionare appuntamenti ed ingressi allo studio in modo tale dal consentire che tra i clienti, il personale ed i professionisti operanti all’interno permanga sempre la distanza di un metro,
– mettere a disposizione dei clienti che ne siano sprovvisti mascherine, richiedendone l’utilizzo.
Un’ultima annotazione circa il significato dell’allocuzione “mascherine di comunità”: si tratta delle mascherine autoprodotte e/o lavabili e non, come pensava lo sciagurato redattore, di mascherine utilizzabili in comunità.
Si sorride amaramente, convinti che aiuti a resistere.
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