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Disposizioni del c.d. ‘Decreto Liquidità’: fallimento, concordato preventivo ed accordi di ristrutturazione

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Disposizioni del c.d. ‘Decreto Liquidità’: fallimento, concordato preventivo ed accordi di ristrutturazione

Differimento dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14

Il cd. Decreto Liquidità, D.L. 8 aprile 2020, n. 23 , ha differito l’entrata in vigore del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14), originariamente prevista per il 15 agosto di quest’anno (decorsi cioè diciotto mesi dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del predetto decreto, avvenuta con Suppl. ord. alla G.U. n. 38 del 14 febbraio 2019), al I° settembre 2021.

Pertanto, all’art. 389 del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, il comma 1 è sostituito dal seguente «1. Il presente decreto entra in vigore il 1 settembre 2021, salvo quanto previsto al comma 2».

Nella Relazione Tecnica accompagnatoria l’intervento normativo in esame si giustifica con l’emergenza sanitaria COVID 19 che sta interessando l’intero territorio nazionale, sicché l’integrale rinvio del nuovo codice dell’impresa e dell’insolvenza realizza integralmente la finalità della certezza del diritto, in quanto in questo particolare momento di crisi del sistema produttivo ed economico potrebbe non essere garantita la piena applicazione della riforma della disciplina del fallimento, la cui filosofia consiste nel salvataggio di quante possibili imprese e della loro continuità, adottando lo strumento liquidatorio (quello che ancora oggi è definito fallimento) come extrema ratio, cui ricorrere in assenza di concrete alternative. Con la proroga al I° settembre 2021 il decreto permette a tutti i soggetti coinvolti di continuare ad operare secondo prassi già consolidate senza dubbi interpretativi e di procedure. Permette inoltre alla fase più acuta dell’epidemia di dileguarsi, facendo tornare pian piano alla normalità l’intero sistema economico.

Nella Relazione illustrativa l’opportunità del rinvio è giustificata dalle seguenti considerazioni.

La prima si riferisce a quella che costituisce la novità più rilevante del Codice, cioè il sistema delle c.d. misure di allerta, volte a provocare l’emersione anticipata della crisi delle imprese. Il sistema dell’allerta, infatti, è stato concepito nell’ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all’interno del quale, quindi, la preponderanza delle imprese non sia colpita dalla crisi, e nel quale sia possibile conseguentemente concentrare gli strumenti predisposti dal codice sulle imprese che presentino criticità. In una situazione in cui l’intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una gravissima forma di crisi, invece, gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo ed anzi generando effetti potenzialmente sfavorevoli. La seconda si riferisce a quella che è la filosofia di fondo del Codice e cioè operare nell’ottica di un salvataggio delle imprese e della loro continuità quanto più ampio possibile, adottando lo strumento liquidatorio (quello che ancora oggi è definito fallimento) come extrema ratio, cui ricorrere in assenza di concrete alternative. Risulta tuttavia evidente che in un ambito economico in cui potrebbe maturare una crisi degli investimenti e, in generale, delle risorse necessarie per procedere a ristrutturazioni delle imprese, il Codice finirebbe per mancare incolpevolmente il proprio traguardo.

La terza si collega alla scarsa compatibilità tra uno strumento giuridico nuovo ed una situazione di sofferenza economica nella quale gli operatori più che mai hanno necessità di percepire una stabilità a livello normativo e di non soffrire le incertezze collegate ad una disciplina in molti punti inedita e necessitante di un approccio innovativo. Risulta, quindi, opportuno che l’attuale momento di incertezza economica venga affrontato con uno strumento comunque largamente sperimentato come la Legge Fallimentare, in modo da rassicurare tutti gli operatori circa la possibilità di ricorrere a strumenti e categorie su cui è maturata una consuetudine.

La data di entrata in vigore – si legge ancora – è stata di fatto spostata di un anno, allorquando non solo la fase peggiore della crisi si sarà auspicabilmente esaurita, ma anche saranno state attuate – a livello nazionale ed internazionale – tutte quelle misure (si pensi solo alla revisione dei requisiti patrimoniali delle banche che, in un panorama di massiccio incremento delle sofferenze, necessiteranno di un’adeguata rivalutazione, ma si pensi anche ad una revisione complessiva degli indici economici) che appaiono necessarie perché il Codice possa operare con concrete possibilità di successo. Nel contempo tutti gli operatori avranno avuto a disposizione un anno di tempo in più per procedere all’approfondimento degli aspetti più innovativi del Codice, come eventualmente modificato dal Decreto Correttivo attualmente in fase finale di predisposizione.

Da ultimo, si è ritenuto che l’originaria data di entrata in vigore del Codice, collocata a metà del mese di agosto, potesse presentare concreti problemi applicativi, considerato che la stessa sarebbe caduta in un periodo in cui gli uffici giudiziari hanno una ridotta operatività anche nelle sezioni specializzate, e si è quindi optato per collocare l’entrata in vigore alla cessazione della c.d. sospensione feriale, quando si assiste alla piena ripresa di tutte le attività dei Tribunali.

Nella Relazione illustrativa si sottolinea che il differimento consentirà di allineare il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza alla emananda normativa di attuazione della Direttiva UE 1023/2019 in materia di ristrutturazione preventiva delle imprese.

Disposizioni in materia di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione

Il Decreto Liquidità ha stabilito che i termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione omologati aventi scadenza nel periodo tra il 23 febbraio 2020 ed il 30 giugno 2020 sono prorogati di sei mesi.

Quanto ai procedimenti per l’omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione pendenti alla data del 23 febbraio 2020 il decreto ha previsto che il debitore possa presentare, sino all’udienza fissata per l’omologa, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell’art. 161 della Legge fallimentare o di un nuovo accordo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182-bis L.F. Il termine decorre dalla data del decreto con cui il Tribunale assegna il termine e non è prorogabile. L’istanza è inammissibile se presentata nell’ambito di un procedimento di concordato preventivo nel corso del quale è già stata tenuta l’adunanza dei creditori, ma non sono state raggiunte le maggioranze stabilite dall’articolo 177.

Nel caso in cui il debitore intenda modificare unicamente i termini di adempimento del concordato preventivo o dell’accordodi ristrutturazione, il decreto stabilisce che egli depositi sino all’udienza fissata per l’omologa una memoria contenente l’indicazione dei nuovi termini, depositando altresì la documentazione che comprova la necessità della modifica dei termini stessi. Il differimento dei termini non può essere superiore di sei mesi rispetto alle scadenze originarie. Nel procedimento per omologa del concordato preventivo il Tribunale acquisisce il parere del Commissario giudiziale. Sempre il Tribunale, riscontrata la sussistenza dei presupposti di cui agli articoli 180 o 182-bis L.F., procede all’omologa, dando espressamente atto delle nuove scadenze.

Ancora, il debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’art. 161, comma sesto, L.F., che sia già stato prorogato dal Tribunale, può, entro cinque giorni dalla scadenza, presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga di novanta giorni, anche nei casi in cui è stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. L’istanza indica gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica COVID-19. Il Tribunale, acquisito il parere del Commissario giudiziale se nominato, concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi. Si applica l’articolo 161, commi settimo e ottavo.

Uguale istanza può essere presentata dal debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 182-bis, comma settimo, L.F.

Il Tribunale provvede in camera di consiglio omessi gli adempimenti previsti dall’articolo 182 bis, comma settimo, primo periodo, e concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi e che continuano a sussistere i presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui all’articolo 182-bis, primo comma.

Nella Relazione illustrativa, tali nuove norme sono giustificate con la circostanza che l’attuale situazione di crisi genera concreti rischi anche in relazione alla sopravvivenza dei tentativi di soluzione della crisi di impresa alternativa al fallimento promossi in epoca anteriore al palesarsi dell’emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del COVID-19. In questo caso, procedure di concordato preventivo o accordi di ristrutturazione aventi concrete possibilità di successo prima dello scoppio della crisi epidemica potrebbero risultare irrimediabilmente compromesse, con ricadute evidenti sulla conservazione di complessi imprenditoriali anche di rilevanti dimensioni.

Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza

Il Decreto liquidità ha stabilito che tutti i ricorsi di cui agli articoli 15 e 195 della legge fallimentare e 3 del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza) depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020, sono improcedibili. In questo stesso periodo sono sospesi i termini di cui all’articolo 69-bis L.F. (decadenza dall’azione revocatoria e computo dei termini).

Come si legge nella Relazione illustrativa, risulta indispensabile, per un periodo di tempo limitato, sottrarre le imprese ai procedimenti finalizzati all’apertura del fallimento e di procedure anch’esse fondate sullo stato di insolvenza. Ciò per una duplice ragione: da un lato per evitare di sottoporre il ceto imprenditoriale alla pressione crescente delle istanze di fallimento di terzi e per sottrarre gli stessi imprenditori alla drammatica scelta di presentare istanza di fallimento in proprio in un quadro in cui lo stato di insolvenza può derivare da fattori esogeni e straordinari, con il correlato pericolo di dispersione del patrimonio produttivo, senza alcun correlato vantaggio per i creditori dato che la liquidazione dei beni avverrebbe in un mercato fortemente perturbato; dall’altro bloccare un altrimenti crescente flusso di istanze in una situazione in cui gli uffici giudiziari si trovano in fortissime difficoltà di funzionamento.

Si è optato – si legge nella relazione – per una previsione generale di improcedibilità di tutte quelle tipologie di istanze che coinvolgono imprese di dimensioni tali da non essere assoggettate alla disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese, mantenendo il blocco per un periodo limitato, scaduto il quale le istanze per dichiarazione dello stato di insolvenza potranno essere nuovamente presentate.

(Fonte: ilfallimentarista.it)

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