Gratuito patrocinio: per l’Agenzia delle Entrate rilevante il reddito di cittadinanza
E così, in attesa di conoscere le decisioni del Parlamento, che dovrebbe pronunciarsi sulla proposta di rendere il reddito di cittadinanza “impignorabile” poiché gli si riconosce natura alimentare (con un profilo quindi che tocca l’esecuzione forzata), vediamo come l’Agenzia delle Entrate qualifica questa componente “attiva” del patrimonio del soggetto nella sua risposta ad interpello n. 313 del 30 aprile 2021 con riferimento al profilo relativo all’ammissione al gratuito patrocinio.
Gratuito patrocinio. L’occasione per pronunciarsi sul tema è data da una richiesta di interpello formulata da un Consiglio dell’Ordine degli Avvocati in ordine ad una richiesta di ammissione al gratuito patrocinio (ed infatti, il Consiglio dell’Ordine è competente ad ammettere gli interessati in via anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato).
Nel caso di specie il richiedente aveva dichiarato di percepire il reddito di cittadinanza dal mese di aprile 2019 per un importo pari ad euro 1.280,00 e che, pertanto, il reddito complessivo del nucleo familiare ammontava, per l’anno 2019, ad euro 11.520,00, somma superiore al limite fissato dalla legge per l’ammissione al gratuito patrocinio, attualmente pari ad euro 11.493,82.
Secondo la prospettazione del Consiglio dell’Ordine, l’istante non dovrebbe essere ammesso al gratuito patrocinio perché – con la percezione del reddito di cittadinanza (che quindi rileverebbe come componente “attiva”) supererebbe il limite fissato per l’accesso al beneficio.
La posizione dell’Agenzia… Per risolvere la delicata questione l’Agenzia delle Entrate muove dalla ricostruzione normativa dell’istituto introdotto dal decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni con la legge 28 marzo 2019, n. 26.
La previsione del reddito di cittadinanza rappresenta una «misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro».
Misura – subordinata al ricorrere di requisiti soggettivi e reddituali – che realizza «un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale, di cui i beneficiari sono protagonisti sottoscrivendo un Patto per il lavoro ed un Patto per l’inclusione sociale».
La disciplina prevede che il reddito sia «esente dal pagamento dell’IRPEF»: ed infatti, la normativa prevede che «i sussidi corrisposti dallo Stato e da altri enti pubblici a titolo assistenziale sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche e dall’imposta locale sui redditi nei confronti dei percipienti».
Come si coordina, allora, l’esenzione dall’IRPEF con la norma del d.P.R. n. 115 del 2002 secondo cui può essere ammesso al gratuito patrocinio «chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.493,82».
Ebbene, secondo il comma 3 dell’art. 76 «si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva».
Inoltre, due pronunce della Cassazione confermano la rilevanza delle fonti di reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio.
Con una prima pronuncia è stato ritenuto, infatti, che «ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato, per la determinazione dei limiti di reddito rilevano anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposte vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione; ne consegue che rilevano anche i redditi da attività illecite ovvero i redditi per i quali l’imposizione fiscale è stata esclusa».
Con una seconda pronuncia è stato precisato che «si deve tener conto, nel periodo di imposta in cui sono percepiti, di tutti i redditi, anche se non sottoposti a tassazione, perché il legislatore, al fine di stabilire se la persona possa o meno fruire del patrocinio a spese dello Stato, non ha inteso limitarsi a prendere in considerazione i redditi dichiarati o comunque da dichiararsi in un determinato periodo di imposta, ma ha voluto prendere in considerazione tutti i redditi (persino quelli derivanti da attività illecita) dalla persona effettivamente percepiti o posseduti, anche se esclusi dalla base imponibile».
… rilevanza del reddito di cittadinanza. Ne deriva, quindi, che per l’Agenzia delle Entrate «il beneficio del reddito di cittadinanza rilevi ai fini della determinazione del reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio e, conseguentemente, che non possa essere ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato il soggetto che per effetto dell’erogazione di tali somme superi il limite di reddito a tal fine previsto».
Qui la risposta ad interpello dellAgenzia delle Entrate del 30 aprile 2021, n. 313