Il parere del Consiglio di stato sulla donazione eterologa
La Sezione Consultiva del Consiglio di Stato, con il parere n. 1732/19 di ieri, si è espressa sullo schema di decreto recante il «regolamento che recepisce la direttiva 2012/39/UE della Commissione del 26 novembre 2012 che modifica la direttiva 2006/17/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche relative agli esami effettuati su tessuti e cellule umani».
Contesto normativo e giurisprudenziale. Il regolamento si inserisce in un complesso quadro normativo che ha visto diversi interventi del legislatore europeo e del legislatore italiano, nonchè un’importante pronuncia della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 162/14, ha sancito l’illegittimità costituzionale del«l’art. 4, comma 3, l. 19 febbraio 2004 n. 40, nella parte in cui stabilisce il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili». Successivamente, con la sentenza n. 96/15, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme di cui alla l. n. 40/2004 che escludono l’accesso alla procreazione medicalmente assistita delle «coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, lett. b), l. n. 194/1978, accertate da apposite strutture pubbliche». Precisa dunque la Sezione Consultiva che «l’intervento normativo oggetto del presente parere è finalizzato a consentire che la decisione di avere figli — che la Corte Costituzionale ha riconosciuto essere espressione della libertà, costituzionalmente rilevante, di autodeterminarsi — avvenga in condizioni di sicurezza e di tutela della salute».
Limite d’età. Analizzando gli articoli previsti dal regolamento, il Consiglio sottolinea la necessità dell’indicazione di un limite di età dei donatori «(eventualmente differenziato tra uomo e donna, se così ritenuto dalla migliore e più accreditata scienza medica). Tale limite di età si rivela particolarmente importante perché l’età del donatore, o della donatrice, può influire sull’esito positivo della tecnica utilizzata nel caso concreto e conseguentemente esporre, per l’ipotesi di esito non favorevole, la coppia alla necessità di altri tentativi con i relativi pregiudizi per la salute psico-fisica della coppia (soprattutto della donna). Inoltre un limite di età per effettuare la donazione di gameti maschili e femminili può avere il positivo effetto di prevenire patologie del nascituro legate all’età del genitore genetico». Tale limite di età è stato suggerito in sede di audizione nella misura di 25 anni per la donna e 35 per l’uomo «ma sulla cui definizione questo Consiglio non ha os ad loquendum e si rimette alla prudente determinazione della amministrazione».
Limite quantitativo. Secondo il parere in commento è inoltre necessario, o meglio, «indispensabile» un limite alla donazione degli ovociti e dei gameti maschili «per limitare le nascite di bambini portatori (anche solo in parte) del medesimo patrimonio genetico. Ciò per scongiurare il rischio di consanguineità tra i nati con il medesimo patrimonio genetico della donatrice, o del donatore, e per ridurre il numero di stimolazioni ormonali cui può sottoporsi la donna per donare gli ovociti con conseguente pregiudizio per la sua salute». I vari fattori demografici ed epidemiologici che assumo rilevanza in relazione al suddetto rischio dovranno essere valutati mediante l’avvalimento dell’ISTAT. Il Consiglio «reputa altresì necessario che il Ministero, nel disciplinare questi aspetti, introduca opportuni meccanismi volti ad adeguare nel tempo le predette regole in conseguenza dell’eventuale mutamento delle migliori e più accreditate opinioni scientifiche in materia».
In conclusione, la Sezione rileva la necessità di interventi modificativi dello schema di regolamento nei suddetti termini.