Il TAR Lazio dà ragione agli estetisti: centri aperti in zona rossa, come i parrucchieri
Il TAR Lazio, con la sentenza n. 1862/21 depositata il 15 febbraio, ha accolto il ricorso proposto dagli enti rappresentativi della categoria degli estetisti, oltre che da alcuni centri estetici, avverso le disposizioni dettate dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 che hanno escluso i centri estetici dai servizi alla persona che possono essere erogati anche in zona rossa.
Il TAR ha evidenziato come il verbale n. 144 del 12 gennaio 2021 del Comitato Tecnico Scientifico nulla dica sulle ragioni tecnico-scientifiche per cui sarebbe giustificata nelle zone rosse l’apertura dei parrucchieri e non anche quella dei centri estetici, discriminazione invocata dai ricorrenti a sostegno delle loro ragioni.
Viene poi sottolineato come nelle Linee guida per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome dell’8 ottobre 2020, la disciplina relativa ai servizi alla persona faccia riferimento ad “acconciatori, estetisti e tatuatori”.
In altre parole, secondo il TAR, «i provvedimenti amministrativi che hanno imposto la censurata misura e i documenti istruttori che ne costituiscono il supporto tecnico scientifico, fin qui esaminati, appaiono pertanto espressione di un non corretto esercizio del potere discrezionale da parte dell’amministrazione presentando tutte le figure sintomatiche dell’eccesso di potere».
Concludendo «pur essendo innegabile che tutte le misure restrittive imposte per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso siano ispirate al principio di precauzione, nel caso di specie la discriminazione fra le attività dei parrucchieri/barbieri e dei centri estetici non risulta supportata da una base istruttoria o da evidenze scientifiche, sussiste contraddizione tra l’allegato n. 24 che, tra i “Servizi per la persona”, riporta soltanto, per quanto di interesse, “Servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere” e l’allegato n. 9 in cui la disciplina prevista per i “servizi alla persona” ricomprende e accomuna “acconciatori, estetisti e tatuatori”, infine l’impugnata misura appare non coerente con le misure analoghe già adottate».