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Le tre C: Cedente, Cessionario e Ceduto

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Le tre C: Cedente, Cessionario e Ceduto

Il collega Raffaele Capasso, da qualche giorno star di youtube, ha dato voce al tema della cessione dei crediti, refrain di molte stagioni. L’occasione è un elemento fattuale: il Senato della Repubblica è a lavoro dal 12 settembre 2018 sulle «Disposizioni volte ad agevolare le prospettive di recupero dei crediti in sofferenza e a favorire e accelerare il ritorno in bonis del debitore ceduto» (testo in allegato, con scheda dei lavori parlamentari).

Dominare il tema è impresa specialistica; lo è meno raccontare dei crediti deteriorati (NPL), dei loro cugini esposizioni non performanti (NPE), del più prosaico “gioco del cerino” tra chi deve pagare il peso di un debito e a quali condizioni. L’attualità delle sofferenze bancarie (leggi anche incagli e varie forme di deterioramento delle posizioni) si misura con avvicendamenti di nomenclatura che nascondono dinamiche inquietanti; la forma giuridica è spesso quella della cessione del credito.

Non meraviglia – e non meravigli – che le banche trovino spesso utile non gestire direttamente le posizioni difficili; forse non è facile internalizzare tutti i processi aziendali; quanto meno la difficoltà attiene al nome. Cerchiamo di spiegare: col meccanismo del mandato la banca conserva la titolarità del rapporto conferendo mandato per l’escussione del credito ad altro soggetto; sembra un passaggio semplice e chiaro; lo è meno nel processo, quando la mandataria scarica sulla banca, e questa sulla prima, ogni tipo di responsabilità… nella speranza che il cerino, caduto a terra, si spenga, insieme alle speranze di giustizia del cliente/avversario processuale.

Alterum datur: le posizioni possono essere vendute e i crediti ceduti, senza che l’etichetta dell’operazioni muti alcuni parametri essenziali. La banca alleggerisce il proprio bilancio di un utile sempre meno realizzabile, o addirittura porta a bilancio perdite talvolta significative, nel segno delle direttrici econometriche tracciate a Bruxelles.

La narrazione può cambiare; la banca può rappresentare di dare al cliente un interlocutore con il quale intensificare gli scambi per una soluzione migliore dell’indebitamento; di più, passata di mano l’arma dell’ingiunzione di pagamento (in senso ampio), la banca può recuperare (o costruire) un rapporto più sereno, che muova dalla propria estraneità alla vicenda debitoria, nel detto “il credito non lo abbiamo più noi”, e, perché no, mostrare compassione e vicinanza umana al cliente “perseguitato” da un altro soggetto. Non è particolarmente difficile, secondo il gergo bancario che tutti fingono di conoscere (bancari e banchieri per primi), dare letture romanzate di come sia possibile che un terzo soggetto, la cessionaria, si intrometta tra la banca/cedente e il cliente/ceduto.

La narrazione può cambiare ancora. Nella cessione di un credito a soggetto incaricato di effettuarne il recupero, il cliente non sa più chi sia il proprio interlocutore; sa però che l’intuituspersonae, connotato del suo datato rapporto con la banca, è stato messo da parte; elabora questo avvertendo disamore per il ceto bancario e disincanto.

Ancora una narrazione: le banche subiscono la pressione di parametri loro imposti “a prescindere”, decisamente inadeguati ad un tessuto economico, quello italiano, che ha reso il ceto bancario attento a cogliere parametri sostanziali delle realtà economiche per dare fiducia ai territori.

Cerino che passa, scatola che si apre, benvenuti nel mondo delle cartolarizzazioni. Lo visitano in molti, lo conoscono in pochi, al meno perché il diritto societario celebra una delle sue pagine può sconcertanti, prono a puzzle di ogni genere, con l’arroganza di chi sollecita gli altri a guardare altrove.

Il disegno di legge del Senato DDL 788/2018 si occupa (anche) di questo. Con toni efficaci e lessico d’impatto – molto gradevoli le nozioni di stalking bancario (pag. 2, prima colonna), schiavitù del debito (ibidem), impegno irrevocabile ad effettuare il pagamento (art. 3 dell’articolato, pag. 7 del documento) – la nostra Camera Alta riprende un ever green, tra i tanti, della giustizia da mezza stagione: pagare o non pagare, diritto e potere, abuso dell’uno e dell’altro; tutti ne parlano secondo cliquet tanto consueti quanto disinformati.

Nel settembre 2018 il legislatore ha strizzato l’occhio, ma forse è ormai passato troppo tempo senza alcun seguito.

Si consideri la ricorrente difficoltà di gestire le sofferenze per i soggetti finanziatori, si aggiunga la lentezza delle appendici giudiziarie, non si può restare a guardare; al processo civile viene data anche questa responsabilità: accelerare il tasso di definizione ultraquinquennale oggi registrato per la chiusura delle posizioni non performanti. Quanto all’ultimo saldo comunicato al debitore dalla società cessionaria (art. 2, comma 2, lett. a) del disegno di legge, chiunque mastichi di contenzioso bancario sa che i dati econometrici sono concupiti dai clienti bancari e dai loro avvocati con ostinazione quasi pari all’occultamento di frequente praticato dalle banche. L’art. 3 del DDL propone un meccanismo di particolare importanza per il debitore nel segno della trasparenza e della correttezza contrattuale: a fronte della cessione di un credito, il ceduto deve conoscere l’importo riconosciuto dal cessionario al cedente; si prevede che in caso contrario siano paralizzate azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore (comma 1°).

Fin qui solo un breve e timido resoconto; il commento è che ci sono buoni intenti nell’approccio a questa riforma; ci sono alcuni grandi assenti, che pian pianino assumeranno un volto, e ne sarò fedele cronista.

Diritti, forse, domani. Potere economico, welcome, e in mano a chi “non ci mette la faccia”.

Qui la scheda dei lavori parlamentari

Qui il disegno di legge del Senato 788/2018