Linee guida del Tribunale dell’UE sulle molestie psicologiche contro le agenti delle istituzioni europee
È quanto deciso, ribadendo il dovere di agire in sede disciplinare contro il molestatore, nelle sentenze EU:T:2018:478 e 479, T- 377 e 275/17 del 13 luglio 2018.
Il caso. Le ricorrenti sono due agenti vittime di minacce, insulti, penalizzazioni e gravi danni alla loro carriera che perciò adiscono il Tribunale UE per essere indennizzate.
Infatti nel caso T-275/17 un’ex eurodeputata vessava la propria assistente (un’italiana), assunta per il periodo residuale del suo mandato. Accusava la dipendente di condotte lesive del rapporto di fiducia, mentendo sulle reali ragioni della sua presunta assenza ingiustificata: chiedeva un congedo per uno «scompenso ansioso dovuto alle molestie sul lavoro», suffragato da testimoni (altri tre assistenti molestati) e certificati medici. Il Parlamento la licenziava. Vani i tentativi, anche in sede di mediazione, di risolvere la controversia.
Nel caso T-377/17 la BEI riconosceva parzialmente le molestie poste in essere dal nuovo direttore del reparto ove la donna era addetta (subiva veri e propri atti di bullismo), imponendo il silenzio sulla decisione e sulla lettera di scuse imposta al neo direttore.
Nozione di molestia psicologica. Si considera molestia psicologica «una condotta inopportuna che si realizza attraverso comportamenti, parole, atti, gesti o scritti che si manifestino in maniera durevole, ripetitiva o sistematica» e comporta una lesione della dignità, dell’autostima e dell’integrità psico-fisica della vittima. Per ravvisare quanto detto, le condotte vessatorie devono essere ripetute, continuate (e quindi relative ad un lungo lasso temporale) ed intenzionali.
Il Tribunale UE, nel rivendicare il suo potere di analizzare tutti i fatti posti alla base delle molestie, non dovendosi limitare ai meri errori di fatto e di diritto, ha fornito importanti delucidazioni sul punto.
In primis tutti i membri delle istituzioni dell’UE, come le agenti in esame, sono tenuti a rispettare la dignità e la salute dei loro collaboratori, come previsto anche dai regolamenti interni sul personale della BEI e del Parlamento. È inammissibile mitigare questi abusi adducendo il rapporto tra assistente ed eurodeputata, le tensioni all’interno del suo team, lo stress dovuto allo svolgimento delle funzioni di europarlamentare e questioni organizzative interne (ristrutturazione del reparto).
Le vittime possono adire il loro giudice nazionale per attivare un’azione risarcitoria contro il molestatore che, eventualmente, può essere supportata finanziariamente dall’istituzione datrice di lavoro a titolo del suo dovere di assistenza.
Nel caso T-275/17 l’indennizzo è dovuto solo all’eccesiva durata del trattamento (comprensivo dell’indagine amministrativa) dell’istanza dell’assistente che è stata insultata e sminuita sia come persona che come lavoratrice.
Quando una molestia è reiterata? Nel caso T-377/17 è stato commesso un errore di diritto: per la BEI ogni comportamento doveva essere ripetuto in maniera identica, indipendentemente dall’effetto cumulativo che gli altri allegati esercitavano sul pregiudizio arrecato all’autostima e alla fiducia in sé della vittima. Dovrà, perciò, riesaminare la sua decisone e vagliare se ciascun comportamento contestato al neo direttore, analizzato assieme alle altre censurate condotte, nel complesso arrechi oggettivamente un pregiudizio all’autostima della ricorrente.
Onere di sanzione disciplinare. La BEI doveva tempestivamente adottare misure atte a tutelare la ricorrente, in primis sanzionare disciplinarmente il neo direttore (sarà punito solo se commetterà un nuovo abuso nel corso di un triennio): questa sanzione non può esser rimessa all’aleatorietà che la vittima presenti una nuova denuncia o meno perché si rischia di snaturare il fine di tutelare la dignità di un persona sul luogo di lavoro.
Nessun bavaglio alle vittime. È inaccettabile il silenzio imposto alla vittima sulla decisione della BEI e sulla lettera di scuse del nuovo direttore: la ricorrente non può usarle a suo vantaggio, in primis nella suddetta azione risarcitoria in patria. Un’esegesi contraria, atteso che la tutela contro ogni forma di molestie psicologiche è un diritto fondamentale del lavoratore, derogherebbe alla ratio di prevenirle e di sanzionarle nell’ambito delle istituzioni dell’UE: è per questo che è stata indennizzata.
Qui il comunicato del Tribunale dellUnione Europea del 13 luglio 2018, n. 109