Stupefacenti: per la Consulta la pena minima di otto anni di reclusione è sproporzionata
Così ha stabilito la Corte Costituzionale con sentenza n. 40/2019, depositata l’8 marzo.
Sproporzionalità della pena. Per la Consulta risulta essere sproporzionata la pena minima di otto anni prevista per i reati non lievi in materia di sostanze stupefacenti e, dunque, è illegittimo l’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 (Testo unico sugli stupefacenti) nella parte in cui prevede come pena minima edittale la reclusione di otto anni anziché di sei anni. Inalterata rimane la misura massima della pena, ossia venti anni di reclusione, applicabile ai casi più gravi.
Per la Corte la differenza di ben quattro anni tra il minimo della pena previsto per la fattispecie ordinaria, ossia otto anni, e il massimo di essa stabilito per la fattispecie di più lieve entità, ossia quattro anni, rappresenta «un’anomalia sanzionatoria» che si pone in contrasto con i principi costituzionali di eguanglianza, proporzionalità, ragionevolezza e quello della funzione rieducativa della pena.
La suddetta soluzione sanzionatoria, precisa la Consulta, « non costituisce un’opzione costituzionalmente obbligata e quindi rimane possibile un diverso apprezzamento da parte del legislatore».